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10.01.2012 06:54

Intervista a Stefano Rozzarin autore de ‘L’Angelo primogenito’, edizioni youcanprint.

1)    Benvenuto nel nostro blog, Stefano. Vuoi presentarti al nostro pubblico?

Innanzitutto vorrei ringraziare voi e il vostro blog perché mi sta dando l’opportunità di far conoscere il mio romanzo. Mi chiamo Stefano e ho 34 anni. Ho un diploma di maturità tecnica e lavoro da una decina di anni nel settore chimico. Ho sempre avuto molte passioni, tra le quali la musica, mia grande passione più di tutte. Ho frequentato il Conservatorio G. Verdi di Torino conseguendo nel 1996 il diploma di compimento inferiore in clarinetto. Ho sempre letto, in certi periodi di più in certi altri di meno, a seconda degli impegni, del lavoro, del tempo libero; ma ho iniziato ad apprezzare veramente la lettura negli anni successivi allo studio. Mai e poi mai, invece, avrei immaginato di essere l’autore di qualche scritto, figuriamoci di un romanzo. Un’esperienza che dura da qualche anno e che mi ha aiutato a vivere diversamente, con più attenzione, forse. Sicuramente positiva.

2)    Il tuo romanzo: L’Angelo primogenito è un intreccio di segreti che portano i due protagonisti a incontrarsi e perdersi ogni volta. Da cosa deriva questa storia? Cosa ti dà l’ispirazione per scrivere?

L’idea di questo romanzo è nata a causa della mia forte passione per la Seconda Guerra Mondiale. Un periodo storico apparentemente già lontano ma che ha cambiato il Paese in cui viviamo e ha influenzato la vita delle nostre precedenti generazioni. Nel caso specifico ho voluto approfondire la vicenda della ‘famosa’ ritirata di Russia del 1943. Ho fatto questa scelta precisa perché vorrei che i miei lettori capissero che quell’avvenimento ha stravolto la vita di tanti soldati. Inoltre, il fatto che i protagonisti continuino a incontrarsi e perdersi ogni volta è un atto voluto per far capire che quando si incontra il vero amore, quello con la A maiuscola, bisogna lottare con tutte le forze per ottenerlo. Non serve a nulla darsi per vinti, è necessario saper soffrire ma essere determinati e forti di carattere. Spero che nelle pagine del mio romanzo qualcuno possa trovare la speranza e la voglia di lottare anche nella vita personale. E, infatti, è anche questo che mi dà l’ispirazione a scrivere. Preferisco fare una prima stesura basandomi sulle emozioni del momento, cercando però di mantenere il giusto equilibrio con il mondo reale, senza esagerare perché come risultato produrrebbe un sacco di parole da cancellare. Cerco di immedesimarmi nei personaggi delle mie storie, capire che cosa farei io se succedesse questo o quello, la loro reazione a quella certa situazione. Credo che chi scrive una storia, anche se è frutto della sua testa, deve comunque conoscere i suoi protagonisti.

3)    Cosa non deve assolutamente mancare, in un romanzo, per rimanere impresso nel cuore dei lettori? E perché dovrebbero scegliere proprio: L’Angelo primogenito?

Premetto che è un’opinione personale, in quanto ogni lettore cerca e vuole trovare in un romanzo qualcosa di personale, qualcosa di speciale per se stesso. Detto questo, quello che io cerco è una storia che mi faccia emozionare, che mi tenga col fiato sospeso, che mi coinvolga e mi invogli a procedere alla pagina successiva. Ho la necessità di conoscere personaggi veri, vivi non solo dal punto di vista letterario ma come se fossero reali accanto a me, qualcuno in cui rispecchiarmi. Un romanzo deve avere come protagonisti persone normali in cui ci si possa immedesimare, anche nelle proprie debolezze, ma devono agire in funzione di una meta, un obiettivo da raggiungere, costi quel che costi; poi, tutto sommato, non è in assoluto così fondamentale come vada a finire, purché il viaggio che ha portato alla risoluzione finale sia stato appassionante a tal punto da essere trascinati a vivere le situazioni della storia in prima persona. A queste riflessioni mi aggancio con il mio romanzo. Ho lavorato per far sì che L’Angelo primogenito avesse tutte queste caratteristiche. Inoltre, è l’affresco di un’Italia sconvolta dalla guerra, un’epoca di cambiamenti a cui noi tutti siamo ancora indissolubilmente legati e, naturalmente a mio avviso, potrebbe essere un romanzo educativo non solo per gente adulta ma anche per ragazzi e adolescenti che vivono la vita con superficialità e senza ideali. Ma, ovviamente, io sono per forza di cose troppo coinvolto. Spetta a voi giudicare!

4)    Il tuo romanzo è auto pubblicato. Vuoi raccontarci la tua esperienza e spiegarci il motivo di questa scelta?

Quando ho deciso di intraprendere la via della pubblicazione la completa inesperienza nel settore dell’editoria ha reso il processo ulteriormente complicato. Ho iniziato a mandare il mio manoscritto cartaceo, con tutti i costi che ne conseguivano, alle cosiddette “grandi” case editrici. Ho provato perché chi mi stava intorno continuava a tormentarmi. “Ci devi almeno provare, chissà…” E così ho fatto. Naturalmente ero consapevole che fosse un’impresa impossibile, non potevo pretendere di pubblicare il mio romanzo con uno di quei colossi, però speravo che tra i tanti qualcuno almeno avesse aperto il pacco e avesse letto qualche paragrafo qua e là, tanto per farsi un’idea. Niente di più sbagliato. Ho collezionato una serie di lettere, di rifiuti, vorrei precisare, a tempo di record. Nemmeno una settimana dopo la spedizione ero già seduto sul divano che scartavo la risposta. “Ma il tempo di dargli un’occhiata, ce l’avranno avuto?” mi chiedevo. No comment. A quel punto mi sono gettato sulle case editrici meno in vista. Seconda fregatura, perché ho inviato il manoscritto alla cieca, indipendentemente dal fatto che fossero case editrici a pagamento o meno. E qui la mia collezione ha avuto una notevole espansione. C’era chi mi chiedeva 1000 euro, chi 800 euro, chi 1200 euro, alcuni editori cifre addirittura sopra i 2000 euro. Stufo, mi ero quasi rassegnato. Qualche settimana dopo, navigando su internet mi sono imbattuto in questa casa editrice e, ora posso dirlo, la mia esperienza con loro è stata assolutamente positiva sia dal punto di vista professionale che economico.

5)    Quali sono gli autori che ami di più? C’è spazio per gli esordienti nella tua libreria?

Premetto che per quanto riguarda i generi letterari sono piuttosto onnivoro, non ne esiste uno che prediligo piuttosto che un altro, leggo con equità qualsiasi cosa. Quindi, il fatto che io adori di più certi autori piuttosto che altri non dipende dal genere letterario in cui si cimentano. Anzi, direi più che altro che sono solo “certi” romanzi ad attirarmi dei taluni autori, perché anche i grandi a volta forniscono delle prestazioni letterarie non sempre all’altezza. Tra i miei favoriti vorrei citare L’ombra del vento di Carlos Ruiz Zafon, Espiazione di Ian McEwan, Invisibile di Paul Auster, Bambino 44 di Tom Rob Smith, Ricordati di guardare la luna di Nicholas Sparks, Un giorno di David Nicholls e La culla del mio nemico di Sara Young. Do molto spazio anche agli esordienti, probabilmente con più peso da quando io stesso mi sono ritrovato nella stessa situazione, e devo dire che ho avuto delle risposte molto positive. Questo non significa che tutti gli esordienti siano da classificare sullo stesso livello, così come gli autori più noti, aggiungerei. Ne cito alcuni che mi hanno colpito: Remo contro di Enzo Gianmaria Napolillo, Eudeamon di Erika Moak e Lacrime di ghiaccio di Daniele Perego.

6)    Descrivici il tuo romanzo con tre aggettivi.

Commovente: perché affronta il tema della perdita di una persona importante, perché nell’instabilità di quel momento prevalgono le insicurezze e non si è propensi ad affidarsi a qualcuno che vuole porgerti il suo aiuto. Per aprire una porta bisogna prima chiuderne un’altra e affrontare questo discorso comporta prendere dei rischi e fare delle scelte per niente facili ma che vanno fatte per vivere con serenità il domani.

Spietato: perché affronta il tema della guerra, nel caso specifico della Seconda Guerra Mondiale, in cui tra bombardamenti ed eccidi nazifascisti vennero uccisi un numero molto alto di innocenti. La vita di quegli anni messa in luce, tra disagi igienici e tessere alimentari, la lotta quotidiana per conquistare un pasto caldo e l’inconsapevolezza di quanto sarebbe durata una guerra definita “lampo” alla vigilia.

Ottimista: perché malgrado tutte le avversità la fiamma della speranza non si deve spegnere mai, neanche quando sembra non esserci più alcun lumicino. Lottare per non mollare, fino all’ultima energia, perché solo così si può raggiungere l’ambito traguardo.

7)    Qual è il tuo modo di approcciarti alla stesura di un romanzo? È importante, secondo te, avere una scaletta degli eventi o lasci che la storia si evolva incontrollata?

L’approccio alla stesura di un romanzo è, per quello che mi riguarda, molto diversa a seconda del genere. Per esempio, un romanzo thriller non può avere eventi incontrollati nella stessa proporzione di un romanzo sentimentale o di fantascienza, altrimenti rischieremmo di non riuscire a far combaciare tutti i pezzi del puzzle. Quindi, in generale, direi che personalmente preferisco comportarmi diversamente in base al progetto che voglio portare avanti. In ogni caso, io amo avere una scaletta, almeno le tappe più importanti, quelle fondamentali che fanno parte degli snodi più importanti della trama. A quel punto, intorno a questi eventi lascio che parte della storia prenda delle pieghe più o meno controllate, ma comunque riflettendo attentamente in un secondo momento se questo o quell’evento si incastra nella narrazione, altrimenti si rischierebbe di naufragare. L’Angelo primogenito mi piace definirlo un romanzo atipico: in parte storico, in parte sentimentale, in parte di guerra, in parte giallo. Il lavoro è stato impegnativo e ha richiesto una fitta ricerca storica che ho cercato di curare nei minimi dettagli, sperando di essere stato il più possibile preciso.

8)    Progetti futuri?

Chiaramente continuerò a scrivere. Più che altro per me stesso, perché mi dà quel qualcosa in più. Non cerco gloria, la difficoltà di emergere a livelli importanti di questi tempi è ancora più complicato e, mi dispiace ammetterlo, capita che siano stati presi in considerazione autori con alle spalle le conoscenze giuste piuttosto che autori di qualità. Questo mi addolora molto, non per me stesso ma soprattutto per gente con talento. E in giro ce n’è. E poi, io voglio continuare a scrivere di quello che mi piace, di quello che mi dà soddisfazione, senza tenere conto delle esigenze commerciali.

Questa era l’ultima domanda, Stefano. Grazie per aver partecipato.